Valvola di sfogo per un periodo di ricostruzione. A volte sono una chiavica, a volte mi pregio di scrivere cose interessanti. Accomodatevi e se ne avete voglia commentate e giudicate. Se volete scendere nel personale scrivetemi pure: andrea_carraro@yahoo.it

lunedì 12 novembre 2007

True Lies


Non so se molti di voi hanno mai visto questo film di James Cameron con Arnold Schwarzenegger quando ancora faceva l'attore.
A me è sempre piaciuto molto.
Un pò perché vi recita Jamie Lee Curtis, l'unica attrice che mi ha sempre stuzzicato fin da ragazzino in film come Helloween di Carpenter, Una Poltrona per Due di Landis e, per l'appunto, True Lies.
Per me è rimasta il mio ideale di donna.
Un pò perché il film è molto gradevole e divertente, la regia di Cameron è fluida e i colori molto gustosi, passatemi la sinestesia, in fondo sono daltonico.
Ma soprattutto è stato uno dei primi film in cui si usavano gli effetti digitali CGI, metodo di cui Cameron è stato pioniere.
E ora veniamo al dunque. Perché questa pappardella? Cazzo centra con quello che sto per scrivere?
Centra eccome, ieri un ragazzo, tale Gabriele Sandrini di professione dj, è stato ucciso in autostrada da un agente di polizia con il grilletto facile.
Centra perché a questa riduttiva sintesi dei fatti è stata cucita sopra tutta un'altra storia e ci arriverò tra poco.
Si da il caso che ieri mattina in un autogrill vicino ad Arezzo, il Sandrini assieme ad altri amici è stato coinvolto in una rissa.
Si da il caso che in quell'istante una volante di poliziotti si trovava nell'autogrill dall'altro lato della carreggiata e ovviamente i poliziotti hanno notato la rissa e deciso di intervenire.
Va benissimo, comportamento lecito.
Il problema è che senza sapere minimamente cosa stesse succedendo, una rapina?, un sequestro?, una banale rissa?, uno di loro ha estratto la pistola ed esploso dei colpi.
Uno di questi colpi ha centrato in pieno il povero Sandrini freddandolo praticamente sul colpo.
Solo che, stando alle dichiarazioni dell'agente omicida, non vi era alcuna volontà di sparare in direzione dei "sospetti", che tra l'altro avevano già imboccato l'autostrada e quindi presumibilmente viaggiavano già ad almeno 60/80 kmh.
Ora io penso quanto segue ed espongo vari punti di vista.

Punto di vista 1: la rapina

Li nella zona si sa che sono attive varie cellule microscopiche di fantomatici neo-brigatisti rossi e quindi capirei l'intervento armato dell'agente nel tentativo di sventare una probabile rapina.
A questo punto capirei anche che l'agente abbia effettivamente sparato per colpire/uccidere i presunti rapinatori.
Di certo ha un'ottima mira, pare che abbia passato 10 anni come effettivo nella squadra mobile di Palermo, ottima palestra per agenti coi controcazzi che si fanno le ossa nel far west tormentato dalla mafia, perché centrare correndo il lunotto di un'automobile lanciata in autostrada da quasi 200 metri di distanza richiede una discreta abilità.
Se così fosse io gli darei una medaglia all'agente e lo proporrei pure per le Olimpiadi di Pechino del 2012.

Punto di vista 2: la rissa
Se gli agenti avessero inteso quanto succedeva nell'autogrill della disgrazia come una rissa non riesco minimamente ad approvare il fatto che abbiano aperto il fuoco.
Se il colpo che ha ucciso Sandrini non fu esploso per uccidere, i poliziotti dicono che è partito per errore mentre l'agente riponeva l'arma nella fondina, trovo altrettanto inappropriata l'esplosione del primo colpo di avvertimento, sparato in aria per calmare gli animi, sempre secondo la versione data dall'agente e dai suoi compagni.
a) per il fatto che dalla distanza in cui si trovava e con il traffico delle auto nessuno lo avrebbe sentito
b) perchè i "sospetti" erano già in corsa nelle loro macchine, quindi che cazzo spari un colpo in aria? Cosa cazzo ti hanno insegnato 10 anni di squadra mobile a Palermo?
c) se ti metti una pistola carica, con il colpo in canna, senza sicura nella fondina sei un perfetto imbecille
d) non centri per puro caso proprio l'auto dei sospetti in un'autostrada trafficata
e) la tesi della pallottola deviata l'avete già usata per Carlo Giuliani e per i film di John Woo.

Quindi secondo me l'agente ha sicuramente sparato per colpire e allora penso:
- che il tipo è fuori di testa, cazzo spari in mezzo all'autostrada come se tu fossi nel far west senza sapere esattamente che cazzo sta succedendo e soprattutto chi è l'aggressore e chi l'aggredito
- se per caso beccavi il conducente, invece del povero Sandrini, ti trovavi con una strage tra le mani
- se per caso beccavi della gente che non centrava niente?

Ora, questa storia puzza e fa acqua da tutte le parti, ma la cosa che mi fa più schifo è la questione che non ho ancora affrontato, volutamente.
I media, le istituzioni, la polizia e la magistratura hanno voluto metterci dentro il calcio per il semplice motivo che i ragazzi coinvolti in questa tragedia stavano andando ad una partita di pallone, ma la verità è, ed invito tutti i tifosi che mi leggono a riflettere su quanto sto dicendo, che per deviare le responsabilità di un agente di polizia dal grilletto facile, si vuole far rientrare questo caso nella disgraziata e lunghissima serie di tragedie legate al mondo del tifo più o meno organizzato.

Qui il calcio e noi tifosi non centriamo niente, non siamo davanti ad un altro Spagna o ad un altro Raciti, qui siamo di fronte soltanto all'incompetenza manifesta di una di quelle persone che dovrebbero mantenere l'ordine ed invece creano il caos.

Non credo al complotto, ma di certo alla fine chi ne paga le spese siamo noi tifosi, non i poliziotti.
Saremo noi che non potremo più andare in trasferta, noi che non possiamo già più esporre i nostri, quasi sempre, innocenti e tanto folkloristici striscioni, siamo noi che veniamo additati come animali.
A volte le ragioni per essere additati a tali ci sono state, ma questa volta non centriamo proprio niente e vorrei che tutti quanti ci sforzassimo per rendere palese questo concetto.
Il calcio e il tifo non centrano, gli agenti di polizia invece centro lo fanno.

martedì 11 settembre 2007

Victory in Europe pt. 1

Aaaaaah, che Estate.

So che quanto segue stride non poco col mio post precedente però la vita va avanti e non posso non ritornare su quanto di bello mi è capitato negli ultimi mesi, sarebbe ingiusto e da ingrati nei confronti dle destino o della divina provvidenza.

Su Graph, che dire, il puzzone manca e non poco, sono anche andato a farmi un giro sul sito del suo allevatore, www.deerhound.nl, e c'é una cucciolata fresca fresca e la tentazione di prendere un altro cane è forte, ma ora proprio non posso.

Recupero un post che avevo cominciato a scrivere prima di partire per le ferie e che completo oggi, ovvero un resoconto della mia estate concertistica.
Rieccomi dopo un periodo iper-occupato, in senso positivo, che mi ha impedito, grazie a Dio, non vogliatemene, di piazzarmi davanti al mio Mac.

Cosa è successo? Beh, notizia più rilevante di tutte è che dopo tutti questi mesi passati all'inferno mi ritrovo felice come non sono mai stato con la persona di cui vi ho scritto in tutti questi mesi.

Non riesco neanche a scriverne perché sarebbe riduttivo, vi dico solo che sto bene e che sono felice

Già, ora dovrò mantenere la promessa di cercare una decorazione a 4 stelle da indossare.

Per il resto il mese di giugno, oltre ad avermi coccolato a livello emotivo, è stato grandioso anche dal punto di vista musicale.

Ho visto quattro grandi concerti: Motley Crue, Alice Cooper, Ozzy Osbourne ed i Rolling Stones.

Partiamo dal primo, sabato 2 giugno, Idroscalo di Milano, Gods of Metal.
In uno stato emotivo al limite del confusionale, settimana di spospensione e di attesa sul mio destino affettivo, parto di mattina presto con mio cugino Marco per vedere i Motley Crue, uno dei pochi gruppi al mondo che riesce a mettermi di buon umore e ne ho veramente bisogno.

Perché di mattina presto quando i Crue suoneranno soltanto alle 21.30?
Perché mio cugino, in un momento di nostalgia post-nascita della sua prima bimba, vuole vedere i Tigertailz, pessima copia londinese dei Poison di metà anni '80.

Strada facendo io e Marco facciamo due chiacchiere, gli spiego i miei casini sentimentali, probabilmente facendogli due palle così, ma in fondo è la giusta espiazione per avermi fatto alzare così presto di sabato mattina considerato quello che sarà l'esibizione dei Tigertailz, ovvero una merda.

Nel mentre comincia pure a diluviare e, quando arriviamo all'Idroscalo, ci ritroviamo in un vero e proprio pantano stile Woodstock, brulicante di metallari zuppi e sudati, cominciamo bene ...

Salgono sul palco i famigerati Tigertailz e mi tocca sorbirmi 30 minuti di stereotipi hair metal propinati dal cantante della band: storie di pompini, orge, bevute nei backstage di mezzo mondo. Peccato che i 'tailz non abbiano mai suonato in posti più grandi di qualche pub sparso per la perfida Albione, che i backstage fossero i cessi dei suddetti pub e che le signorine che li hanno sollazzati con indubbio coraggio e dedizione, visti i personaggi, hanno ben poco in comune con le conigliette di Playboy con cui i Poison ancora oggi, nonostante le pelate, sono soliti intrattenersi.

Finito questo spettacolo pietoso ci fiondiamo anche noi nel backstage, per mio cugino è la prima volta, e ad attenderci non troviamo niente, non che me lo aspettassi, di quanto millantato poco prima dal Bret Michaels di Putnam.

Il backstage di un festival come il Gods of Metal è un piccolo spazio dove ci si può rifugiare e rifocillarsi tra un gruppo e l'altro o, come nel mio caso, per non doversi sorbire gruppi come gli Scorpions e i White Lion in cartellone quel giorno.

Ad ogni modo, niente fighe pazzesche in vista a parte una ragazza molto carina, ironicamente omonima di quella che mi fa battere il cuore, allo stand della Gibson alla quale hanno fatto visita durante la giornata vari musicisti, ma li tornerò più tardi.

Per il resto nel backstage si cazzeggia, si mangia qualcosa al chioschetto gestito da tre gentilissimi travestiti brasiliani e si guarda il materiale umano che lo popola, composto in gran parte da fotografi distrutti carichi di macchine digitali e schiavizzati dagli addetti stampa delle varie case discografiche, giornalisti impazziti che cercano di capire a che ora potranno intervistare Slash, imbucati di ogni genere che fanno di tutto per far notare i loro pass VIP e qualche groupie che non si rende conto di essere nella parte sbagliata di questo piccolo universo dietro il palco.

Se ti vuoi fare una rockstar non è qui che devi stare ma nei camerini e li ci arrivi non con un VIP pass ma con un AAA (access all areas) e non basta una telefonata per guadagnarselo ;-)

Per capire riguardatevi la scena di The Wall con Young Lust.

La giornata è passata lunga e noiosa, la pioggia non ha aiutato, eravamo tutti zuppi e incazzati per il tempo, completamente stipati sotto un gazebo dove ad un certo punto si è materializzato Slash per autografare una Gibson Les Paul Special allo stand della Gison di cui sopra.

Normalmente, nonostante la calca, mi sarei fatto avanti per farci due chiacchiere, ma ero talmente in botta da quanto mi stava succedendo in quei giorni che manco l'ho cagato.
Ho ripiegato invece su una session al fulmicotone di "Guitar Hero" su PS3, non male per uno come me che detesta la Play ...

Sotto il tendone la situazione si faceva sempre più grottesca.

Le mancate groupie si disperavano per la fanghiglia in cui affondavano i loro tacchi a spillo e tutti sapevano che da li a poco sarebbe cominciato il piatto forte della giornata, Velvet Revolver e Motley Crue, e ciò significava prendersi una quantità considerevole di acqua.

E acqua fu.

Mentre i Velvet Revolver salgono sul palco inizia di nuovo a piovere, il che non aiuta visto che i VR sono un gruppo che non riesce mai a decollare.
Mi spiace, perché sono anche simpatici, Duff continua ad essere un figo della Madonna ma fossi in loro mi interrogherei sul perché il concerto decolli soltanto quando ripropongono Mr. Brownstone e It's So Easy dei Guns N' Roses.
Un appunto vorrei farlo seriamente a Slash.
E' giunta l'ora che si ritiri, se Axl Rose è una caricatura di se stesso, in qualche maniera ha comunque del carisma, Slash invece è patetico.
Il guitar hero scazzato al 100% si è trasformato in un patetico 45enne che non riesce neppure a suonare come una volta.
Se c'era una cosa figa di Slash era come stava sul palco, gambe larghe, chitarra bassa, siga in bocca e testa chinata, ora invece per fare gli assoli deve sollevare la sua Les Paul per suonare i tasti della parte più alta del manico.
Se tieni la chitarra bassa la suoni bassa, è come se Iggy Pop salisse sul palco con la panciera e a torso nudo.
Unico momento toccante è una Wish You Were Here che per ragioni mie mi fa scendere una lacrimuccia, tutto il resto, come diceva il Califfo, è noia.

Grazie a Dio la mezz'ora tra VR e Motley Crue passa in fretta e non appena salgono sul palco mi dimentico la giornata sotto l'acqua, il fatto che mi stia andando in pappa il cervello per la ragazza che mi fa battere il cuore e di essermi alzato alle 8 di sabato per vedere i Tigertailz.

Maledetto Tommy Lee, il quarantacinquenne più contento del pianeta.
Grazie al cazzo, mentre io ero in mezzo ad un pantano stile Woodstock il signor Lee era chiuso in una camera d'albergo a spassarsela con una giovincella di San Remo, almeno così pare. Il Festival dei Fiori contro il Gods Of Metal.

Checcazzo, i Motley Crue spaccano veramente i culi, concerto perfetto, non una sbavatura, 90 minuti da finale mondiale e io che non riesco a non tirare cristi e altre imprecazioni per sottolineare quanto approvi la loro esibizione.

Non c'é un cazzo da dire, datemi una band così una volta alla settimana e farete di me un uomo felice.

Il concerto è scontato nel senso che i pezzi sono sempre quelli delle altre due volte che li ho visti, le battute di Vince Neil idem, però è una figata totale.
Fiamme, tette, riff cazzuti e pose da rockstar, alleluia!

Unica stronzata, e spero che chi c'era concordi con il sottoscritto, ma perché cazzo devono chiudere con Anarchy in the UK? Che cazzo c'entra? Boh, non lo so so.
Viene male e spezza il concerto, ma alla fine che ci puoi fare?
I Motley Crue sono una manica di teste di cazzo e non si può mica pretendere la perfezione da gente del genere.

Approfitto epr segnalarvi l'usicta di "The Heroin Diaries" di Nikki Sixx, il suo diario di un anno di eroina, non deve essere affatto male.

Buona lettura,

Andre

domenica 2 settembre 2007

Ciao Graph ...

Non volevo riaprire così il blog dopo due e passa mesi di assenza.
Mi sono successe un sacco di cose bellissime, ho passato due settimane stupende in Francia con la ragazza di cui vi ho scritto in tutti questi mesi, tra pochi giorni saranno tre mesi che stiamo assieme e siamo felicissimi.

Purtroppo come scrivevo all'inizio avrei voluto scrivere di quanto sopra, dei bellissimi concerti che ho visto e di mille altre cose ed invece mi trovo a salutare il mio fedele compagno a quattro zampe, Graph, che se ne è andato oggi.

Io ed Eleonora siamo partiti verso mezzogiorno per andare a ritirare Graph e Tilli dalla pensione dove li avevamo lasciati prima di partire per la Francia.
Per tutto il viaggio abbiamo fantasticato sul momento in cui li avremmo rivisti e purtroppo, se Tilli era tutta una festa, Graph era in una stanza in condizioni piuttosto gravi.

Nessun scondinzolio, neanche un cenno di saluto, se ne stava per terra come uno straccio buttato li per caso.
La padrona della pensione mi ha detto che si era sentito male in tarda mattinata e che era peggiorato molto rapidamente.
Lo abbiamo portato d'urgenza in una clinica veterinria li vicino ma non c'é stato nulla da fare.

Dopo 8 anni e 18 giorni Graphite Groovie Ghoulie of Dirty Mind ci ha lasciati non senza averci salutato per un'ultima volta.

Che dire di lui senza risultare melenso, scontato o malinconico?
Ho preso Graph in Olanda in una fredda mattinata di novembre del 1999, era il più arzillo della cucciolata e ancora me lo ricordo, più simile ad un topo troppo cresciuto, che menava i suoi compagni di cucciolata.

In questi anni mi è stato sempre vicino, nei bei momenti come in quelli brutti.
Un ricordo particolare è dell'estate scorsa quando mi stavo leccando le ferite per via del mio bruttissimo divorzio.
Graph aveva una ferita sulla spalla e per non fargliela infettare gli mettevo ogni giorno una maglietta.
La sera della vittoria dell'Italia ai mondiali lo portai a fare l'ultima pipì e tutta la gente rallentava e lo salutava strombazzando.
Io non capivo, Graph era si un cane singolare d'aspetto, più simile ad un cavallo per stazza e camminata, ma il mio daltonismo mi impediva di capire che la maglietta che aveva quella sera era azzurra.

Boh, potrei scrivere molto di più e meglio ma non sono dell'umore, volevo solo dirvi questo, che se ne è andato uno dei cani più dolci e buoni che io abbia mai conosciuto.

Qualcuno di voi lo avrà visto passeggiare col suo fare dinoccolato, elegante e buffo al tempo stesso.

Ci volevamo un gran bene e mi mancherà moltissimo.

Arrivederi pupy, ti voglio bene,

Papà

mercoledì 4 luglio 2007

Still Alive and Well

Sto bene gente, sono vivo, solo che nelle ultime due settimane non ho praticamente avuto tempo di mettermi al computer e scrivere qualcosa di sensato o interessante, ammesso che io lo abbia mai fatto.

Lunedì vi farò un full-report di tutti i concerti che ho visto ultimamente: Motley Crue, Alice Cooper, Ozzy Osbourne e venerdì prossimo i Rolling Stones.

A presto,

Andre

martedì 19 giugno 2007

Balboa

"L'importante non è come colpisci ma come sai resistere ai colpi".

Già, gran belle parole Rocky, davvero.

Sono le 7:30 del mattino, è un'ora e mezza che sono sveglio, ieri sono andato a dormire presto, ultimamente dormo come un bambino.

Mi ha svegliato un sms di un amico che ieri sera è andato a vedere gli Stones a Lione, pare sia stato un gran concerto e così l'attesa per la data di Roma si fa più insopportabile.

Diciamo la verità, sono molto contento ultimamente, ed è ironico che per rendermene pienamente conto io abbia dovuto vedere quello che da molti è stato preso come un filmaccio, l'ennesimo tentativo di un attore/regista a fine carriera da non so quanti anni, un pugile suonato che però riesce ancora a darmi delle emozioni.

Cazzo, parliamo di Rocky.

Si, il III, IV e V erano una merda, ma i primi due e l'ultimo compensano ampiamente.
E' la storia dell'underdog, di chi lotta contro un destino che ti ha servito delle carte di merda e comunuque da qualche parte riesce a tirare fuori qualcosa per ribaltare la situazione.

Io mi sono sempre identificato in Rocky, vi farò ridere, sembra in contrasto col tipo di persona che posso sembrare, eppure è così.
Ho incassato colpi per una vita intera, e sono disposto ancora ad incassarne se ne vale la pena.

Ne parlavo ieri ad una persona che legge il blog, se vuoi qualcosa, se ci vuoi arrivare, bisogna avere il coraggio di pagare il prezzo per percorrere quella strada.

Karl Von Klausewitz diceva riguardo al condottiero vittorioso:

"Perché esso esca vittorioso da questa lotta continua contro l'impreveduto, deve possedere due qualità: una intelligenza che, anche in mezzo alla oscurità intensa che la circonda, conservi una luce interna sufficiente a condurla al vero, ed il coraggio di seguire questa debole luce".

Coraggio e risolutezza, niente altro.

Rocky ce l'aveva, Napoleone ce l'aveva, io un pochino l'ho avuta.

Devi avere la fortuna, l'intuito di scorgere la via che ti porterà alla risoluzione del "conflitto" che stai affrontando e il coraggio di perseguire quella via in maniera risoluta.

Il De La Guerra di Von Klausewitz è un libro che ho letto 15 anni fa, un vero mattone, ma è uno dei libri più importanti della mia vita e sono contento di essermi fatto due palle così a leggerlo, perché mi ha segnato, positivamente.

Ieri parlavo con un mio amico di quanto mi sia massacrato per arrivare dove sono ora, il mio disastroso matrimonio, le umiliazioni, l'imbarazzo, la rabbia, ma tutto quel dolore, quelle delusioni mi sono servite a capire cosa non voglio più dalla vita e mi fanno apprezzare ancora di più quello che ho oggi.

E ora che sto bene, ad un anno esatto dalla mazzata che mi ha azzerato l'esistenza, sono qui a godermi da solo il mio piccolo trionfo.

Dunhill International, un film ricco di sentimenti di mattina presto, Graph che vaga da una stanza all'altra tutto assonnato e buona musica prima di farmi la doccia ed andare di buon umore in ufficio.

Non mi succedeva da anni, è un gran giorno per essere vivi.

Sono qui nel mio studio, in sottofondo How You Gonna See Me Now di Alice Cooper

Dear darlin' surprised to hear from me?
Bet you're sittin' drinkin' coffee, yawnin' sleepily
Just to let you know
I'm gonna be home soon
I'm kinda awkward and afraid
Time has changed your point of view


Gran canzone, a voi cosa dice?
A me tanto, mi fa apprezzare il fatto di essere cambiato, sono uscito dal bozzolo in cui mi ero avvolto e ora vedo tutto con occhi diversi, sarà il mio daltonismo, boh ...

Alice qui ha paura, perché la persona che ama lo ha conosciuto diverso, imbottito di Seagram's V.O. dalla mattina alla sera e quando uscirà sarà sobrio come un bambino e giocherà a golf tutto il giorno invece di vomitare sangue appena sveglio.

Io ho il vantaggio di essere così da almeno 6 mesi, non un nuovo Andre, ma solo di nuovo in contatto con me stesso in maniera cristallina, coraggioso e risoluto nel raggiungere e conquistare quella luce che ho intravisto molti mesi fa.

Sembra che io ci sia arrivato e si sta bene al sole, molto bene.

Buona giornata,

Andre

martedì 12 giugno 2007

Day of days

Quelli che vedete in questa foto siamo io, mio fratello e i nostri amici del Gabba Gabba Genoa, lo striscione che portiamo allo stadio dal 2002.

A casa ho un'altra foto identica, scattata il 10 giugno 2005, l'ho guardata una sola volta perché il sapore che mi viene in bocca è troppo amaro.

Eravamo gli stessi ragazzi, mio fratello aveva qualche capello bianco in meno, io 20 chili e qualche capello di più, Neccio non si era ancora rotto il braccio, Biglia era single, Fabio lavorava da noi come stagionale, Angie beccava sempre un sacco di figa e Davide era meno abbronzato.
Poco meno di due anni fa, come tutti gli altri Genoani, ero deluso da quanto era successo.

Perché non voglio vedere quella foto?

Avevamo perso la serie A, ce l'avevano tolta, era successo/non successo qualcosa che rovinò i festeggiamenti del 10 giugno 2005.

Sono stato male un'estate intera, a sperare, a crederci.
Ero convinto che questo caso kafkiano, dreyfussiano si risolvesse per il meglio e, invece, il 19 agosto venne definitivamente confermata la retrocessione del Genoa in serie C, direttamente dalla A appena conquistata.

Neanche alla Juventus dell'anno scorso è stata inflitta una pena del genere.

Mentre ieri al nostro presidente veniva attribuito un ruolo da persona più pericolosa del mondo del calcio, tutti, o quasi, i colpevoli dello scandalo Calciopoli se la ridono, come il mio omonimo Carraro, semplicemente multato con 80.000 euro per aver distorto, corrotto, manipolato e tramato ai danni del calcio italiano.

Quel giorno scrissi una cosa che vorrei voi leggeste.
Se siete genoani o sportivi coglierete il senso delle mie parole, se invece non le approvate, mi spiace, per una volta non me ne frega niente.

Forza Genoa!

Venerdì 19 Agosto 2005, 06:11 PM

Mancano 728 giorni ...

728 giorni a domenica 26 agosto 2007, il giorno in cui il Genoa CFC 1893 giocherà la sua prima partita in serie A dopo 12 anni.
Se l'Europa intera ha resistito per 2073 giorni sotto l'egida di Adolf Hitler, se i neri negli USA hanno resistito 64962 giorni prima di ottenere la fine della segregazione razziale, cosa sono 728 giorni?
Certo qualcuno potrebbe scoraggiarsi, gli ebrei hanno vagato nel deserto per 40 anni prima di arrivare nella Terra Promessa, ma noi durante questi 728 giorni non saremo nel deserto.
Le nostre grida e i nostri canti rimbalzeranno contro le gradinate avversarie quando in massa invaderemo stadi e campi da calcio in cittadine e paesi che non vedevano così tanta gente assetata di vittoria dai tempi in cui 2000 anni fa le Legioni dell'Impero Romano arrivarono fino alle sponde del Reno.
In questi 728 giorni diventeremo ancora più forti, temprati nello spirito e risoluti a riprenderci quanto ci è stato tolto ingiustamente.
E quando finalmente metteremo piedi nella sede che ci compete scacceremo i mercanti dal tempio, tingeremo di rosso i nostri stendardi logori nel sangue dei porci di Orwelliana memoria e nell'inchiostro blu delle loro infami sentenze.
728 giorni fratelli, ma poi sarà per sempre.

lunedì 11 giugno 2007

State of the Union

Arieccomi.

Lo so, sono 10 giorni che non vi scrivo niente qui sopra, non so se mi devo scusare, ma ho avuto la testa occupatissima, talmente occupata che non mi veniva da scrivere niente.

O meglio, ci ho provato qualche volta ma non sono riuscito a scrivere niente di significativo.

Cosa ho fatto in questi giorni?

Sono stato a vedere i Motley Crue, grandissimo concerto, non ho pagato il biglietto e ho anche snobbato Slash dei Guns n' Roses mentre ero nel backstage, ma cazzo, i Motley Crue spaccano veramente i culi, e per chi ha pagato 35 euro per vederli, beh, avete fatto benissimo.

Ho giocato per la prima volta a guitar hero dando della merda a tutto il backstage del Gods of Metal sulle note di Strutter dei Kiss e Can't You Hear Me Knocking degli Stones.

Sono stato a Mantova a vedere il Genoa perdere all'ultimo secondo una partita che poteva valere la serie A.
In A ci siamo andati ieri, ma ho talmente la testa altrove in questi giorni che tutte queste cose passano assolutamente in secondo piano.

Unico gesto significativo, oggi sono andato a comprarmi i biglietti per i Rolling Stones.
Ero preoccupato, io che non compro i biglietti per gli Stones?
Dovevo proprio stare male o coi pazzi, fate voi.

In questi giorni sto leggendo un libro fighissimo, "Alice Cooper, Golf Monster: A Rock 'n' Roller's 12 Steps to Becoming a Golf Addict", un'autobiografia di Alice Cooper con alcune sue perle di saggezza, e non lo dico in senso ironico, da applicare al golf o alla vita di tutti i giorni.
Una specie di "La Guerra" di Von Klausewitz dove invece dei cannoni si usano driver in titanio e il sangue dei nemici sconfitti è sostituito da Coca Cola e Seagram's VO.

Grande Alice Cooper, non vi ho mai fatto mistero della mia passione assoluta per Alice, tra due settimane andrò a vederlo a Sesto Fiorentino, quindi se vi va di leggere un libro divertente e interessante al tempo stesso, ordinatevelo su Amazon, vale la pena.

Cos'altro ...

Sono 3 giorni che ascolto in continuazione gli Head, uno dei più grandi eredi dei Ramones.
Io e mio fratello li adoriamo e il loro ultimo pezzo, "I'm 35 Years Older", è semplicemente geniale.
Si, il pezzo parla di uno sporcaccione che si vuole fare una bambina, però è davvero geniale.
La musica è stupidissima, come dovrebbe essere ogni pezzo dei Ramones che si rispetti, e il testo, beh, il testo è malato:

Yes it's true I'm 35 years older than you
But that doesn't mean we can't get it on
Yes it's true I'm 35 years older than you
But that doesn't mean we can't get it on

I can see you lookin' at me
In that poutacious manner
I can see you lookin' at me
And now I've got a hard-on

Yes it's true I'm 35 years older than you
But that doesn't mean we can't get it on
Yes it's true I'm 35 years older than you
But that doesn't mean we can't get it on

Was ironical that you're wearing diapers
Pretty soon I'll be wearin' diapers too


Se vi va potete ascoltarlo qui: http://www.myspace.com/headseattle

Che altro dire, sono di ottimo umore, tutto sembra piuttosto ok, i Ramoni sono ok, il Genoa è in serie A, i Rocks Off stanno provando Loving Cup e io sto da Dio.

Bueno, ullalà, church, tabernacle.

Notte,

Andre

venerdì 1 giugno 2007

Pirati ...

Un pò di giornalismo su questo blog ogni tanto non guasta.

Qualche giorno fa c'é stato un faccia a faccia molto cordiale e divertente tra Steve Jobs di Apple e Bill Gates di Microsoft in un evento organizzato dal Wall Street Journal.

E' pazzesco cosa rappresentino assieme questi due uomini e trovo molto interessante quanto hanno da dire, spero lo troviate anche voi.
Tutto l'evento dura circa un'ora, fortunatamente è diviso in 7 spezzoni, guardateveli e non ve ne pentirete, meritano davvero.

Il 1° video


Il 2° video


Il 3° video


Il 4° video


Il 5° video


Il 6° video


Il 7° video

Hand to Mouth

Sono le 5 del mattino, Graph mi ha svegliato perché ha paura dei tuoni.
Piove a dirotto, le lenzuola stese, per la seconda volta in una settimana, si stano inzuppando, e così mi ritrovo con lui sdraiato sotto la mia scrivania a tremare, i Georgia Satellites a tenermi compagnia con questa canzone che non conoscevo, Hand to Mouth, una rock ballad perfetta, e la mia solita Dunhill.

Stiamo male in due, Graph perché non capisce cosa stia succedendo quando il cielo urla, e io che so esattamente di cosa ho paura perché non so cosa succederà.

"Livin' Hand to Mouth", vivere di quello che capita, canta Dan Baird con il suo accento del Sud degli Stati Uniti, quanto cazzo è vero per me in questi giorni?

Ho mal di gola e mi accendo un'altra Dunhill, ho mal di schiena e sono in t-shirt con la finestra aperta, me le cerco e non sto dormendo.

Eppure ultimamente ho dormito benissimo, è quasi una settimana che vado a dormire regolare, che mi sveglio puntuale, che mi sveglio volentieri.
Si, another day another dollar, ogni mattina che saluto è un giorno in meno verso il bandolo della matassa, è un giorno in meno di sofferenza, il problema è non sapere quando finirà questo cazzo di conto alla rovescia.

Prima ero io che mi davo tempo, che avevo paura di perdere il controllo della situazione, che non capivo se facevo bene o male a tenere duro.

Quando capisci che hai fatto bene, che porca troia nonostante tutto quello che ci è successo in 11 mesi ti ritrovi un'altra volta a dire "cazzo, Andre, non so dove li tieni visto che porti solo pantaloni stretti, però hai proprio due coglioni così" beh, è dura essere ancora pazienti.

Eppure ce la faccio, il giorno che il Signore distribuiva sangue freddo, quello vero, doveva esserci qualcuno di particolarmente simpatico a fare la fila con me, perché mi ci devo essere dilungato non poco e mi sono perso la fila di quelli che avranno ancora i capelli a 60 anni.

Chi se ne frega, io sono qui in una scena da film, cazzo, mi avevano detto che voglio sempre vivere tutto con una colonna sonora, ma negli ultimi giorni il "volere-potere" ha assunto toni grotteschi e non c'é niente di più pazzesco di vedere che una volta tanto non stai fantasticando, non stai recitando una parte.

Ho veramente motivo di riconoscere un tono cinematografico alla mia ultima settimana, è un mio diritto sacrosanto stare qui ad ascoltare musica struggente a notte fonda con la pioggia, una siga e il mio cane appoggiato ai piedi.

Fossi un grande fotografo mi farei un autoritratto e lo intitolerei "Trionfo di chi da forma alle sue fantasie", stasera sono un personaggio da film e non mi sento in colpa perché non c'è autocompiacimento in questa mia realtà.
E' tutto vero, non sono più fantasie.

Ok, ora mi si è annodato il cervello, sono in un loop di consapevolezza e rischio di non uscirne, quindi mi stoppo, mi ascolto Hand to Mouth un'ultima volta, devo essere alla 12ma, e provo a ributtarmi a letto.

Graph è più calmo, io pure, lo sono perché devo, perché posso, perché ci riesco, e se ci riesci, beh, buon per te.

"Di nuovo, non si possono unire i puntini guardando in avanti; puoi farlo solo guardando indietro.
Pertanto dovete credere al fatto che in qualche modo si uniranno nel vostro futuro.
Dovete avere fiducia in qualcosa - il vostro stomaco, il destino, il karma, qualunque cosa."

Io ho avuto e continuo ad avere fiducia in me stesso e sti cazzo di puntini sono riuscito ad unirli, ora bisogna solo scoprire se se sono dei punto a capo o di sospensione.

Notte,

Andre

Hand to Mouth

I recognize the symptoms, but I don't know the cure
your feelings are so useless, banging your head on the wall
well I'll improve your station, if I get half a chance
no overnight sensation, matters to you right now
yeah it's all too unreal, you know the way I feel
when I got time to kill, that's when I get my fill
livin' hand to mouth

the money it don't come anymore
well it never came too much anyway,
we spread it here and we spread it there
never worry about the next day

Oh these times they come and go
but I really don't give a damn
c'est la vie and wish you well
heading for the promised land

yeah it's all too unreal, you know the way I feel
when I got time to kill, that's when I get my fill
of livin' hand to mouth

I recognize the symptoms, but I don't know the cure
your feelings are so useless, banging your head out on the wall
yeah it's all too unreal, you know the way I feel
when I got time to kill, that's when I get my fill
yeah...

martedì 29 maggio 2007

Zombies, man … they creep me out

E' tornato.
Il mio incubo ricorrente da quando ho 6 anni è tornato.

Non è che fosse passato così tanto tempo dall'ultima volta che l'ho fatto, saranno si e no 3 settimane, però l'ultima volta era curiosamente finito bene.

Invece domenica sera, puntuale come un orologio svizzero, come ogni volta in cui mi trovo ad affrontare situazioni difficili, li ho sognati di nuovo.

Si, come diceva Dennis Hopper in Land of the Dead, l'ultimo capitolo della saga dei morti viventi, gli zombie mi fanno venire i brividi, mi terrorizzano.

Tutto comincia molti anni fa, un pomeriggio di primavera a casa dei miei nonni a vedere La Mummia, quello con Boris Karloff.

Se solo mio nonno avesse potuto immaginare che mi sarei tirato dietro tutta la vita le conseguenze della visione di uno stupido film dell'orrore probabilmente mi avrebbe mandato via o avrebbe cambiato canale, ma io ero paralizzato dalla paura e, da allora, gli zombie sono diventati l'unica figura del cinema horror che mi terrorizza nel vero senso della parola.

Ne ho visti decine di film di zombie, ma nessuno mi terrorizza e spaventa come quelli di Romero.

Da qui in poi, per avere il giusto sottofondo musicale, fate partire il filmato. E' I Love the Dead di Alice Cooper da Billion Dollar Babies, non guardate le immagini, non c'entrano niente.

C'é una tragicità in quei film che agli altri manca.

Si, come in molti altri film dell'orrore c'é il sangue, si vedono interiora, visi e corpi deformati nelle forme grottesche che il rigor mortis fissa nei corpi di chi è morto e ci sono creature che divorano quelli che fino a poco prima erano i loro cari, i loro amici, i loro simili.

E il dramma è tutto li, perché non c'é cattiveria in tutto ciò, non c'é violenza, ma solo un'inconsapevole rassegnazione da parte di chi è nella parte del carnefice e incredulità e dolore puro per chi è vittima.

Il morto vivente non è cattivo, non è crudele, non può esserlo perché in fondo non è niente.
E' un involucro animato, senza facoltà di raziocinio.
Agisce grazie all'ultima eco di istinti primordiali che il suo cervello riesce a raccogliere da neuroni danneggiati irreparabilmente dalla mancanza di ossigeno.

Fondamentalmente il morto vivente non ha colpa, ha solo bisogni da soddisfare.

Ed è li che scatta la grandiosa metafora di Romero, in fondo siamo tutti zombie, chi più chi meno.
Tutti noi, nei nostri comportamenti più grotteschi, rispondiamo a necessità primordiali.

Che differenza c'é tra un coglione che gira con una macchina da 300.000 euro sotto il culo per affermarsi sugli altri maschi meno abbienti, e un cadavere che lotta al rallentatore con altri cadaveri per potersi cibare dell'ultimo brandello di carne viva rimasta? Nessuna.

Siamo tutti in lotta per avere qualcosa più degli altri, da sempre.

La religione ci invita a vivere in armonia, ma l'istinto ci dice esattamente il contrario.
Apollineo contro Dionisiaco, cristianesimo contro paganesimo, benedetta Golden Dawn.
Jimmy Page lo sapeva.

Non per niente una delle frasi più citate dai film di Romero dice:
"Quando non ci sarà più posto all'Inferno, i morti cammineranno sulla Terra."
E oggi eccome se i morti camminano sulla Terra.
Nei centri commerciali, nelle strade, nelle discoteche e sulle spiaggie, ovunque.

Le ragazzine anoressiche in fondo vengono divorate nella loro carne da un'orda di fotomodelle che, nonostante pesino almeno 20 chili in meno di quello che dovrebbero, hanno culi e tette stratosferiche non si sa bene perché.

Ecco, a me gli incubi con gli zombie vengono sempre quando non voglio competere, quando mi sento sotto pressione per cose che non mi interessano.
Quando mi ribello al fatto di dover avere necessariamente una macchina da 300.000 Euro per essere un vincente.
Quando mi trovo a dover lottare per una donna per la quale non dovrei lottare, in quanto il mio istinto primordiale mi dice che deve essere mia perché è naturale che sia così, senza lotta, perché è semplicemente giusto così.

Ho sempre creduto che se hai delle qualità queste verranno fuori prima o poi, nella metafora dei morti viventi chi è ancora umano ha la facoltà del raziocinio di cui lo zombie è privo.
Ma è chi ha qualità che viene assediato, terrorizzato e divorato da orde di creature che ne sono completamente prive.

E' lo scontro tra due modi di vita, o di non-vita, scegliete voi da che parte stare.

Io so da che parte voglio stare, ed è per questo che questi incubi mi fanno stare bene, mi servono, mi ricordano ogni volta che mi sveglio in un bagno di sudore che, nel profondo di me stesso, sono ancora vivo, ho ancora paura di finire a passare i miei sabati in un centro commerciale, ho ancora paura di omologarmi, di accettare la condizione di zombie a cui moltissimi si sono già adeguati.

Ho paura perché non voglio essere come loro e se proprio devo soccombergli mi chiamo fuori come tutti gli "eroi" di questi film, bum, preferisco escludermi in un "suicidio sociale" figurato piuttosto che accettare la mia condanna per rialzarmi poco dopo ed iniziare anch'io ad avere quel tipo fame.

Notte,

Andre

domenica 20 maggio 2007

How d'you like your eggs?

Ieri sera mi sono ritrovato ad una grigliata per pochi intimi, una serata gradevole anche se all'inizio mi sono sentito un bel pò impacciato.

Conoscevo qualcuno, l'ospite e due miei carissimi amici, ma stranamente mi sono sentito un pesce fuor d'acqua per una buona oretta.

Non capivo bene dove colllocarmi e per gran parte della serata ho optato per una sedia dalla quale non mi sono mai mosso se non per prendere l'ennesima Bud dal frigo.

Discorsi se ne sono fatti tanti, ma quello che mi ha coinvolto di più è stata una conversazione su come ti servono le uova in America, per la cronaca a me piacciono over easy.

Una serata a bere così tanta Bud non la facevo da molto tempo e, se si parla di Bud e uova, come non pensare a Joe King, mio grande amico nonché cantante e chitarrista dei leggendari Queers, punk rockers del New Hampshire con più cambi di formazione alle spalle di Kiss, L.A. Guns e Deep Purple messi assieme.

Ho conosciuto Joe molti anni fa, era l'ottobre del 1996, e dopo una lotta durata qualche settimana, ero riuscito ad aggiudicarmi la data d'apertura del loro primo tour italiano.
Era fondamentale.

All'epoca i Queers erano, assieme agli Screeching Weasel, il gruppo punk rock più idolatrato di tutta la scena, non c'era band che non ne fosse influenzata, non c'era ragazzino che non avesse almeno una loro spilla ed un paio di All Star ai piedi grazie a Joe.

Avere il loro primo concerto in Italia significava un tutto esaurito garantito, e così fu.
Mi ero fatto un culo colossale, manifesti mandati in tutta Italia, biglietti per il concerto al Nessundorma personalizzati, stampa, radio, tutto quello che poteva servire a fare di quel concerto un successo era stato fatto.

Sarebbe stata la rivincita sui miei ex soci, mi avevano mandato via a calci in culo dalla nostra agenzia dicendomi che non sapevo lavorare, in verità era per ragioni di incompatibilità personale, ora abbiamo fatto pace, ma all'epoca me l'ero legata al dito, mi avevano ferito e volevo la mia vendetta.

Incontrai Joe per la prima volta nel tardo pomeriggio dentro al Nessundorma.
Tutti mi avevano detto che era un gran rompicoglioni, un tossico, un alcolizzato, un pazzo furioso che solo un anno prima aveva mandato a puttane il primo tour europeo dei Queers dopo una solo data per problemi di astinenza dall'eroina.

Insomma, non era un tipo facile.

Entrato nel locale, tronfio del fatto che i biglietti erano già tutti esauriti in prevendita, mi avvicinai a lui per presentarmi
Seduto nella sua tenuta ufficiale, All Star, 501, chiodo e cappellino da baseball, teneva in mano una 24 ore ed era incazzato come al solito.

"Non si ha mai una seconda occasione per fare una buona prima impressione" diceva qualcuno, concetto che sposo da sempre, e io, come se stessi cercando di sedurre una ragazza al primo appuntamento mandandole fiori prima di passare a prenderla a casa, mi ero messo avanti prenotandogli un albergo a 4 stelle, un lusso per chi faceva tour come quelli dei Queers, dove se dormivi in una pensione con bagno in corridoio dovevi considerarti fortunato.

Accanto a Joe stava un ragazzo di Sarzana che conoscevo di vista da anni, non mi è mai stato simpatico, un poser colossale, me lo trovavo in prima fila a tutti i concerti a cui andavo, vestito perfetto per ogni occasione: camicia di flanella agli Alice in Chains, da b-boy ai Public Enemy e quella sera esattamente come Joe.

Notato lo stronzo che si era già attivato nel leccare ogni centimetro del culo irlandese di Joe mi feci avanti e, ignorando completamente il poser, tesi la mia mano verso il mio futuro compagno di mille avventure e mi presentai.

Una stretta di mano storica per quel che mi riguarda, interrotta pochi secondi dopo dal poser che mi dice "senti, qualunque cosa tu abbia bisogno con la band me ne occupo io, ok?"

Riconosco lontano un chilometro il classico rompicoglioni che cerca di infilarsi senza alcun diritto in una situazione a lui assolutamente aliena, e per me era vitale tenermi stretto Joe come la famosa Numero Uno di Paperon de Paperoni.

L'ho guardato, aspettavo da anni un'occasione per insultare il tipo, e gli dissi "scusa, ma tu chi sei? il gruppo è con me e anzi, potresti uscire dal locale e ripassare quando apriamo?" e lo feci accompagnare alla porta da un buttafuori.

Quella sera fu uno sballo, portai tutta la band a fare un giro nei caruggi, c'erano manifesti dei Queers ovunque, ragazzini con la loro maglietta indosso, gli feci vedere la casa di Colombo e andammo a cena da Ugo, una rinomata trattoria del centro storico, e tra un piatto di muscoli alla marinara e uno di stocafisso si concretizzò un sodalizio che dura oramai da 11 anni.

A parte una sventata rissa con tanto di minaccie di morte a Joe da parte di Flaps, notorio casinista e rocker genovese, la serata fu un trionfo, ho ancora il video di quel concerto e ad anni di distanza mi sento ancora oggi orgoglioso di averla organizzata.

Nel filmato vedi ragazzini, che oggi hanno messo su le loro band con più o meno successo, esaltati, contenti, commossi come non mai.

Vedo mio fratello a lato del palco felice come non l'ho mai visto, vedo me stesso che mi aggiro per la sala tronfio di orgoglio, vedo il risultato di un lavoro ben fatto e l'inizio di un'avventura e di un 'amicizia che mi ha portato in giro per l'Italia e gli Stati Uniti con Joe e gli altri Queers di turno.

Con loro sono stato per la prima volta a vedere il Colosseo, con loro ho cominciato a fumare, siamo stati al CBGB's di sabato sera a suonare e mi hanno fatto cantare a Nashville.
Ne abbiamo fatte di cose assieme, casini, qualcuno è morto durante questo viaggio, qualcuno ci ha mollati, ma ogni volta che reincontro qualcuno che è stato nei Queers è come vedere un vecchio compagno d'armi, c'é sempre un aneddoto, un racconto divertente.

La fidanzata punkabbestia con le pulci del nostro autista Ceko, la sera che Lurch si è trombato sotto un acquazzone invernale una prostituta nigeriana, il licenziamento sul palco a Roma di un batterista, il concerto con Dario Fò come ospite, l'alligatore travolto mentre andavamo ad Atlanta, vedere lo Space Shuttle decollare alla tv ad Orlando e poi rendersi conto che guardando fuori dalla finestra lo potevamo vedere dal vivo, il ragazzino che ci seguiva ovunque in Florida che abbiamo fatto scappare dopo avergli proposto di essere il nostro sex slave, la sera che tuttto il gruppo si è preso la gonorrea da un gruppo di studentesse di Forlì e così via.

E, infine, ho imparato ad ordinare le uova negli Stati Uniti.
Ogni mattina in tournée Joe ci offriva la colazione se la facevamo con lui alle 7 in punto del mattino e così, nonostante fossimo andati a dormire due ore prima, per risparmiare ci alzavamo e in coma ordinavamo.
Io ero sempre rincoglionito e non conoscevo le varie tecniche per fare le uova, ma Joe è un ex cuoco, e quindi ordinava per me.
Dopo 15 giorni di tour non riuscivo ancora a fare la mia ordinazione e così, una mattina, all'ennesima richiesta di "how d'you like your eggs, sir?" Joe mi ha guardato come si guarda un povero rincoglionito, si è girato verso la cameriera e le ha detto "over easy, don't mind him, he's retarded".

martedì 15 maggio 2007

You're So Vain

Vabbé, sono i Faster Pussycat e non Carly Simon.

Lei sarà pure più carina, ma questa versione mi piace molto di più dell'originale.

Perché un titolo del genere per questo post estemporaneo all'ora di pranzo?

Niente, mi sono arrivate le foto del concerto di sabato scorso, mi piacciono e ne pubblico una, tutto qui.

Ne parlavo giusto ieri, destesto farmi fare fotografie, ma una volta

ogni tanto non guasta, tra parentesi l'autrice di questi scatti è la stessa della foto del mio profilo, potrei assumerla ...

Bene, buon proseguimento di giornata, io sono in coma, dormito niente di nuovo questa notte, appena arrivo a casa mi butto a letto.

A più tardi,

Andrea

Con Crystal Ball tu puoi giocareee ...

Eccomi sopravissuto a questo lunedì dalle dita incrociate.
Grazie a chiunque lo ha fatto per me, è andato tutto bene e sono ancora vivo per raccontarvelo.

Ero in paranoia riguardo ad un regalo di compleanno che temevo sortisse reazioni negative e invece ho sentito cantare con entusiasmo vero il jingle delle Crystal Ball e anche i fiori sono piaciuti molto.

Stasera ho solo voglia di condividere con voi una cazzata che mi hanno segnalato su YouTube e che la dice lunga su chi, come me, suona in una cover band degli Stones.
Il talento sta un pò dappertutto e forse dovrei provare anch'io a fare Gimme Shelter.

Per concludere, stasera mi sono scervellato a scrivere un piccolo corsivo per un quotidiano nazionale, poche righe che però mi hanno portato via due ore per cercare di dare il giusto senso alla cosa e non farmi gambizzare nei prossimi giorni di elezioni amministrative.

Brutta cosa vivere in una città come questa.

Notte,

Andrea

lunedì 14 maggio 2007

Non ho l'età ...

Ahia, mi fa malissimo una gamba, quella destra per essere precisi.
Ieri sera ho fatto una comparsata sul palco del Quaalude, dove suonavano i grandissimi Trois Tetons da Varazze.

Zac, il loro chitarrista/cantante/ armonicista, col quale scambiamo spesso opinioni sulla messageboard dei Rolling Stones, www.rollingstonesitalia.com, mi ha invitato a fare un paio di pezzi con loro e non ho potuto resistere.

E' da febbraio che non salivo su un palco e, oltre a trovare i Tetons un grandissimo
gruppo, mi ha fatto veramente piacere.
L'unica cosa che non prevedevo era di essere nervoso prima di salire, l'ho fatto mille volte, eppure l'idea di suonare con gente così brava mi ha fatto tremare un pochino le gambe.
Alla fine ho optato per la linea "prendi un bel respiro, imbraccia la chitarra, suona e scendi", la migliore che io conosca.

Per quanto possa sembrare strano, queste cose un pò mi imbarazzano.

Se sono con la mia band è un altro paio di maniche, ma se fai l'ospite te lo devi meritare, devi dare qualcosa in più, e io non è che abbia la più grande considerazione di me stesso come chitarrista, ad ogni modo l'ho fatto e ci ho sballato.

Sono partito a mille con Brown Sugar, tanto che il gruppo, che io non vedevo perché ero completamente rannicchiato come un Izzy Stradlin' spastico sulla bellissima Telecaster di Zac, si deve essere guardato incredulo come per dire "quante anfetamine si è fatto questo qui?"

Mi è sembrato sia venuta bene comunque, a me è piaciuto, la Tele ruggiva come un Concorde al momento del decollo e io ero sempre più piegato su me stesso, per un attimo ho avuto una specie di esperienza extra corporale e mi sembrava di essere Keith Richards sul finale di Street Fighting Man nel film Gimme Shelter, bellissimo.

L'unica cosa di cui mi sono reso conto è che mi tremava la gamba, pensavo fosse il nervoso, avevo bisogno di sfogarmi e l'ho fatto, ma quando sono sceso il tremolio non passava e questa mattina ho capito di essermi procurato una contrattura al quadricipite destro, domani quindi fisioterapia.

Per il resto il weekend è stato piacevole, qualche novità all'orrizzonte, qualche piccola delusione e incontri fortuiti con residui del passato oggi pomeriggio ai parchi mentre ero con i figli e la moglie di uno dei miei più cari amici.

Il destino ha voluto che incontrassi la migliore amica della mia ex-moglie e mi è toccato rivisitare tutto ciò che ha portato alla fine del mio matrimonio.
E' buffo, è passato quasi un anno e mi sembra invece che tutto ciò appartenga oramai ad una vita precedente.

Domani (lunedì) giornata ad altissimo potenziale, mi sa che ho fatto un passo più lungo della gamba, lo saprò in tarda mattinata, ma ogni tanto bisogna rischiare e smetterla di fare il calcolatore, no?
Incrociate le dita per me, vi farò sapere.

Notte,

Andrea

venerdì 11 maggio 2007

Success Story

Friday night, I'm on my way home
They oughta make work a crime
I'm home for the weekend
I'm gonna make the most of my time

Belin, un altro venerdì sera chiuso in casa? Dio, ti prego, no ... stasera non gira bene ma bisogna fare qualcosa.

Mi girano come non mai, mi sento come Eisenhower la sera del 4 giugno 1944 quando i metereologi gli dissero che dell'Operazione Overlord non se ne faceva niente per colpa di un temporale previsto sulla Normandia.
Grazie a Dio il giorno dopo ha fatto bello ed è andata come sta scritto sui libri di storia, o quasi. Se mai scriveranno di me sarebbe divertente vedere com'é andata a finire la mia di Operazione Overlord. L'Operazione Torch è andata abbastanza, ovvero prendere le cose da lontano, ma lo slancio finale è allucinante, e qualcuno comincia ad avere il mal di mare a rimanere per giorni sui mezzi da sbarco.

Tra ieri e oggi ne ho sentite di belle, cose interessanti e cose inquietanti.
In famiglia vogliono mandarmi a cercare fortuna in America, ma a fare cosa?

Se avete idee interessanti fatevi vivi, sono aperto a tutto, anche alle idee più assurde.

Boh, pare ci sia una festa nei caruggi, tra poco chiudo, mi vesto ed esco.

Non so se avete notato tutte le cazzate che ho inserito nel blog, ora potete ricevere via e-mail e via feed gli aggiornamenti che farò, dopo un mese mi sono deciso a risparmiarvi la febbrile attesa di miei nuovi post, abbonatevi e sarete informati da una simpatica e-mail.

La cosa figa di questa rivoluzione tecnologica è che ora posso vedere cosa la gente legge del blog, cosa incuriosisce e come la gente ci capita sopra.

Se voi poteste leggere le ricerche su Google che hanno portato nuovi lettori ...

Vi elenco alcune chiavi di ricerca simpatiche usate:

"Mamme in calore"
"La traduzione della canzone Never Forget dei Take That"
"Camicie Coreane"

Vabbé, siamo nell'era di Google e ben venga un fanatico di pornografia che finisce poi a leggere di rock n' roll e del Generale Patton.

Bueno, mi preparo ad uscire, passatevela bene, io ci proverò.

Notte,

Andrea

mercoledì 9 maggio 2007

Half the Way Valley

Sono completamente rincoglionito, mi sono svegliato 10 minuti fa dopo essere crollato davanti alla tv mentre guardavo per la prima volta in vita mia un film che desideravo vedere da almeno vent'anni, Furyo con David Bowie. Ho dormito due ore!!!

Perché Furyo?

Mah, questa sera avevo voglia di vedermi un film, non volevo noleggiarlo, alla videoteca sottocasa oramai ho visto tutto quello che desideravo vedere, e così sono andato alla FNAC sperando di trovare Heat - La Sfida, con De Niro e Al Pacino, ma niente, non c'era.
Adoro quel film, c'é la più grandiosa sparatoria nella storia del cinema.


Eccovela, se avete 5 minuti liberi.

Dopo mezz'ora a ciondolare nel reparto DVD, segnalo una tremenda puzza di vomito/cacca all'altezza della lettera H per chi di voi frequentasse la FNAC di Genova, alla fine mi sono deciso a prendere questo film che da quando è uscito mi ha sempre incuriosito.

Non è affatto male, se la stupidaggine prenderà il sopravvento lo finisco invece di andare a dormire, cosa di cui, visto il crollo di prima, ho enormemente bisogno di fare.

La cosa buffa è stato che, uscendo dal negozio, ho reincontrato mia zia Graziella che ieri è venuta a cena a casa mia.
Vi chiederete cosa c'é di strano, beh, si da il caso che prima di ieri non vedevo mia zia da 5 anni e negli ultimi 20 anni non le devo aver parlato più di 10 minuti di seguito.

Non posso spiegarvi ora le ragioni del perché non ci siamo visti o sentiti per così tanto tempo, saranno l'oggetto di un articolo che sto scrivendo per Rolling Stone, ma vi basti sapere che quando Londra era swingin' mia zia c'era, quando Montecarlo era Montecarlo mia zia c'era, una sopravissuta nel vero senso della parola.

Per il resto sono stati giorni buffi, sono di ottimo umore, sto ascoltando un sacco di roba della scena di Hollywood seconda metà anni '80, a fine post vi sparerò due o tre video di quei tempi in onore di Ricky Rachtman, il tipo che si è inventato il Cathouse, il club più leggendario di quegli anni, eccovi il link www.cathousehollywood.com se vorrete saperne di più ...

Oggi ho anche ricevuto un regalino, storie di vecchi giocattoli che oggi non fanno più, non me lo aspettavo e giuro che ero commosso, non tanto per l'entità del dono quanto per il pensiero.

Vabbé, cos'altro dire, in controtendenza a quanto scritto sopra ora sto ascoltando Bell Bottom Blues di Derek and the Dominoes (Eric Clapton sotto mentite spoglie per i non iniziati) e devo dire che è sempre piacevole ascoltare Layla and Other Assorted Love Songs, forse questa e Anyday sono le mie preferite.
Strano che un disco registrato con un Clapton strafatto di eroina sia così "un-blue", non è triste o disperato come uno si aspetterebbe.

Ho aggiunto qualche link qui a sinistra, dateci un'occhiata se vi va, sia te un pò avventurosi ;-)

E ora, come promesso, beccatevi tre video d'annata direttamente dalla Hollywood degli anni '80, quella del Roxy, del Sunset Strip Tattoos e dell'eroina regina.

Partiamo subito con i Faster Pussycat, per loro due video, se lo meritano.

Questa è House of Pain, una canzone che ho sempre sentito mia, sarà la tematica della famiglia a pezzi, uno dei rari esempi di canzone sul papà assente che vale la pena sentire.
Mi ha sempre fatto impazzire e l'assolo di Greg Steele, lo conosco a memoria.
Aaah, lo sto sentendo mentre scrivo, se penso che sono riuscito a vederli dal vivo nel '92 in California mi do ancora adesso delle pacche sulle spalle per aver dato buca ad una tipa Austriaca ed essere saltato su un Greyhound per andare al loro concerto.
Grandissimi, più li ascolto più mi piacciono, e sono passati 20 anni.

Per me rimarranno sempre così come li ho visti la prima volta a The Power Hour, su Music Box.

Ai tempi le band di cazzate ne facevano ancora, altro che Britney che si rapa a zero, questa è gente che ha perso il batterista perché si faceva spedire la roba in tournée con la FedEx!
Il prossimo pezzo invece è Bathroom Wall, una canzoncina che però rende assolutamente l'idea di quello che vuol dire rock n' roll senza pensare troppo.
Potrei mettervi i Guns n' Roses, ma li conoscete tutti e meriterebbero un post tutto loro, invece voglio parlarvi e farvi ascoltare quelli che non sono arrivati fino a qui, quei gruppi dei quali dovreste concedervi l'ascolto senza alcuna pregiudiziale se non di volervi divertire.

Seguono gli L.A. Guns con One More Reason, più incazzati e dissoluti dei Guns n' Roses e fissati coi vampiri quando non era ancora di moda esserlo.
Questa è roba che dovrebbe essere usata come colonna sonora per una caccia all'uomo stile Il Pianeta delle Scimmie o per lanciare qualche bomba, che ne so, viuuulenza!
Avevano anche un lato dolce ma perché rovinare un'ottima prima impressione?
No, dai, rimaniamo rock n' roll, pensiamoli in pantaloni stretti di pelle nera e atteggiamenti fetish da far impallidire, rigorosamente in privato, un qualunque ministro del governo britannico.

Chiudo con i Sea Hags e Half the Way Valley, in verità erano di San Francisco come pure i Vain, ma sono troppo fighi per non farveli sentire.
Il loro manager, per giustificare la loro fine prematura disse: "there's only so far you can get with three junkies and one alcoholic."
Beh, peccato perché spaccavano veramente i culi ...

Notte,

Andre

lunedì 7 maggio 2007

Just another mad mad day on the road

Visto che ultimamente mi stavo impigrendo non poco ho deciso di rimettermi sotto con il lavoro musicale e impegnarmi al massimo per tenermi occupato.

Il weekend è passato rapido grazie al Genoa, la traduzione di un libro e imparare e ripassare il materiale per uno dei miei gruppi.

Si, al momento sto rimettendo in piedi due dei tre gruppi in cui suono e maggio e giugno saranno mesi intensi per l'Andrea menestrello.

I Rocks Off, la mia tribute band ai Rolling Stones, sono in sala prove per riarrangiare tutto il materiale visto l'ingresso nel gruppo di un pianista, il mio sogno proibito assieme alla possibilità remotissima di aggiungere un giorno anche una sezione fiati.

Per me non è una grossa fatica, le mie parti non cambiano di una virgola, ma per Davide, il chitarrista solista, si tratta di un vero e proprio sconvolgimento, visto che lui e il pianista si dovranno dividere la gran parte degli arrangiamenti melodici.

Cazzi loro ;-) il pianista l'ho voluto io e lascio a loro il duro compito di compensarsi a vicenda.

Il secondo gruppo sono gli Electric Motherfuckers, non so se ci chiameremo ancora così per rispetto a due ex-membri non presenti in questa reunion, ma a me il nome piace e Davide ed Enrico non penso si offenderanno.

I Motherfuckers sono il mio guilty pleasure, il mio vizietto musicale, facciamo musica lasciva, roba che normalmente qui a Genova non si sente mai dal vivo, sono il parto sporcaccione dei Carraro Brothers, con materiale dei Faster Pussycat, New York Dolls, Dead Boys, Hollywood Brats, Hanoi Rocks e anche Billy Idol.

Ci vedrete truccati, con missili alle stelle filanti montati sulle chitarre e altri espedienti scenici, presto su di un palco vicino a voi.

Per concludere anche i Ramoni ricominceranno a provare dalla settimana prossima.
Colgo l'occasione per invitare i membri fondatori della band a farsi vivi, come sempre sono i benvenuti, per diritto divino e anche salico, a unirsi a noi per un qualunque pezzo a scelta.
Francu ha un'ernia del disco ma pare sia pronto a riprendere in mano le bacchette e farci come al solito da motore della band.
Mariu deve solo farsi ricrescere i capelli, l'ho visto sabato in versione fichetto con ciuffo ingellato, giacca e camicia sbottonata, bisogna rimetterlo a posto.
Mio fratello direi che è a posto, deve solo farsi la barba più spesso, tra parentesi sabato una mia vecchia amica lo ha scambiato per me.
Non la vedevo da quasi 18 anni e la poveretta ha avuto un semi-mancamento trovandomi ancora magro, con tutti i capelli.
Non che lei sia invecchiata chissà quanto, anzi, però si è preoccupata.

Si è rasserenata quando si è chiarito il malinteso, l'Andrea ancora 18enne nell'aspetto era invece Sandro e, quando mi ha visto con la pelata, qualche ruga e non più anoressico come a 17 anni, mi ha detto "Meno male, cazzo, pensavo di essere invecchiata solo io".

Vi aspetto sotto il palco.

martedì 1 maggio 2007

Il sapore della Madeleine ...

Ieri sera, prima di scrivere il post iper-depressivo più sotto, ero ad un concerto e si discuteva con un amico della performance dal vivo più intensa mai vista.

Beh, tutti e due abbiamo detto Henry Rollins di supporto ai Chili Peppers nel '92.

Grande Henry Rollins, davvero, lo avevo un pò dimenticato, ma stamattina è la prima cosa che ho ascoltato e mi fa sentire bene.

Eccovi Liar, gran pezzo, un altro scaricabarile emotivo per me, non mi identifico in nessuno dei due protagonisti della canzone, ma mi fa sentire bene.

You think youre gonna to live your life alone
In darkness
And seclusion
Yeah I know
Youve been out there
Tried to mix with those animals
And it just left you full of humiliated confusion
So you stagger back home
And wait for nothing
But the solitary refinement of your room spits you back out onto the street
And now youre desperate
And in need of human contact
And then
You meet me
And you whole world changes
Because everything I say is everything youve ever wanted to hear
So you drop all your defenses and you drop all your fears
And you trust me completely
Im perfect
In every way
Cause I make you feel so strong and so powerful inside
You feel so lucky
But your ego obscures reality
And you never bother to wonder why
Things are going so well
You wanna know why?
Cause Im a liar
Yeah Im a liar
Ill tear your mind out
Ill burn your soul
Ill turn you into me
Ill turn you into me
Cause Im a liar, a liar
A liar, a liar

Ill hide behind a smile
And understanding eyes
And Ill tell you things that you already know
So you can say
I really identify with you, so much
And all the time that youre needing me
Is just the time that Im bleeding you
Dont you get it yet?
Ill come to you like an affliction
And Ill leave you like an addiction
Youll never forget me
You wanna know why?
Cause Im a liar
Yeah Im a liar
Ill rip your mind out
Ill burn your soul
Ill turn you into me
Ill turn you into me
Cause Im a liar, a liar
Liar, liar, liar, liar

I dont know why I feel the need to lie
And cause you so much pain
Maybe its something inside
Maybe its something I cant explain
Cause all I do
Is mess you up and lie to you
Im a liar
Oh, I am a liar

If youll give me one more chance
I swear that I will never lie to you again
Because now I see the destructive power of a lie
Theyre stronger than truth
I cant believe I ever hurt you
I swear
I will never to you lie again, please
Just give me one more chance
I will never lie to you again
I swear
That I will never tell a lie
I will never tell a lie
No, no
Ha ha ha ha ha hah haa haa haa haaa
Sucker
Sucker!
Oh, sucker
I am a liar
Yeah, I am a liar
Yeah I like it
I feel good
Ohh I am a liar
Yeah
I lie
I lie
I lie
Oh, I lie
Oh I lie
I lie
Yeah
Ohhh Im a liar
I lie
Yeah
I like it
I feel good
Ill lie again
And again
Ill lie again and again
And Ill keep lying
I promise

No Shit

Visto che stasera non riesco di nuovo a dormire mi metto a scrivere ruota libera.

Sottofondo musicale fornito da Iggy Pop e il suo Avenue B del '99.

Il disco comincia con No Shit, una canzone di commento, una specie di State of The Nation sull'andamento di se stesso, come Iggy ha fatto per due album consecutivi, American Caesar del '93 e, perlappunto, Avenue B.

It was in the winter of my fiftieth year
When it hit me
I was really alone
And there wasn't a hell a lot of time left
Every laugh and touch that I could get
Became more important
Strangely, I became more bookish
And my home and study meant more to me
As I considered the circumstances of my death
I wanted to find a balance between joy and dignity
On my way out
Above all, I didn't want to take any more shit
Not from anybody


Già Iggy, parole sante, la penso anch'io così,e ho 15 anni in meno di quando tu le hai scritte.

Sono 24 ore che praticamente ogni discorso che faccio, o sento, mi dice poco o niente.
Male, molto male, soprattutto per una persona come me che ama parlare.

Fondamentalmente non ho niente da dire.

Oggi ero in barca con un amico e dicevo cose a caso, una frase ogni tanto, una specie di cut-up dei miei pensieri sputati fuori a random, perché di quello che vorrei parlare per ore non ne posso più parlare più di tanto, anch'io sono stufo di fare il disco rotto e quindi mi autocensuro ottenendo effetti disastrosi sul piano della conversazione.

Unico discorso decente è stato con il fratello di questo mio amico, ma cazzo, lui è una persona realizzata, ha tutto quello che mi piacerebbe avere.

Lui è un fratello più grande, come sono io per Sandro, mio fratello.

E' un lusso avere un fratello grande, siamo fatti apposta per tirarli su i più piccoli, per aiutarli quando sono nella merda o quando sono indecisi.

Io questa fortuna non ce l'ho, e purtroppo non ho manco un padre a cui valga la pena rivolgersi quando avresti bisogno di essere confortato in qualche maniera.

Mi viene in mente il film che ho visto ieri sera, The Good Sheperd di Robert De Niro.
E' un film di spie ma io riuscivo soltanto a vedere il protagonista convivere con la sua riservatezza, con il suo tenersi tutto dentro, e cazzo come lo sentivo vicino, mi faceva quasi paura.

Non so, mi sento particolarmente solo questa sera, questo sabato ho passato 24 ore in mezzo ad una famiglia che non è la mia e li guardavo curioso, affascinato.

Mamme, papà, nonne, zii, zie, nipoti e nipotini, tutto così bello.
Era un piacere guardarli, sentirli parlare, vedere gli sguardi di persone che si conoscono da anni, che sanno interpretare ogni gesto, ogni sguardo.
Vedere come ognuno ha un ruolo, il suo personaggio, il suo posto in mezzo a così tante persone, e sentire del calore.

I New York Dolls cantavano:

Oh, you pick me up
Your outta drivin in your car
When I tell you where I'm goin
You're always tellin me it's to far

But how could you be drivin
Down by my home
When ya know, I aint got one
And I'm, I'm so all alone

Oh it's a lonely planet joy
When the song from your other boys
That's when I'm a lonely planet boy
And I'm tryin, I'm cryin, Baby for your love


Beh, è stato bello sentire la canzone di una famiglia tutta assieme, oramai queste cose mi mancano da troppo tempo, da sempre molto probabilmente.

Cazzo, mio padre lo chiamo una volta ogni due mesi e quando lo fa lui non ho mai voglia di parlargli, mia madre manda sms e manco le rispondo.

Non posso andare avanti così, non posso proprio, in fondo ci avevo provato a creare la mia di famiglia ma gli ingredienti erano quelli sbagliati e quindi mi ritrovo qui a scrivere da solo ascoltando Iggy che in questi giorni di anni ne ha compiuti 60, cazzo, sarà ancora più depresso di quando ha scritto No Shit.

Io invece scrivo queste righe che alcuni affezionati lettori di questo blog troveranno pallose. Diranno "cazzo, Andre, ti prego, non di nuovo, per piacere ..." ma oggi è così, è dura passare da un mucchio di gente, dal calore, e tornare di nuovo nel mio bellissimo, e vuotissimo, studio.

Fondamentalmente mi sono rotto i coglioni (l'umore e il tenore di quello che scrivo viene condizionato dal procedere di Avenue B).

Oggi mi sono messo un costume per andare in barca, beh, l'avevo comprato a Miami lo scorso settembre e ora mi è larghissimo. Ne ho messo uno del '94 e ho preso una barcata d'acqua e di freddo.

Continuo a dimagrire, lentamente, ma dimagrisco.
Non me ne fotte un cazzo di mangiare, non mi da alcun piacere, mi basta una tazza di caffé, un pacchetto di crackers e uno di sigarette per tirare avanti.
Tutti che mi dicono "Andre, sei in forma", beh, in forma un cazzo.
Mi sto consumando a dire la verità, ed è tutta colpa mia.

Ora levo Avenue B perché mi sta facendo salire una carogna colossale e, a quest'ora della notte, è meglio farsela passare.

Mi congedo con This Place is Empty, una canzone di Keith Richards perfetta per quello che sento questa sera.

Tornando rapidamente a Keith Richards, pur essendo il mio idolo, in questo blog è stranamente assente.

Prima o poi dovrò scrivere qualcosa su di lui, prima o poi.

Notte,

Andre

mercoledì 25 aprile 2007

In the Flesh

Ecco per voi un altro capitolo delle mie memorie rock n' roll.
Buona lettura.

BLACK CHRISTMAS

Il 24 settembre 1980 si sono consumati due drammi diversi.
Quella notte John Bonham, batterista dei Led Zeppelin, moriva nella casa di campagna di Jimmy Page dopo essersi fatto 40 bicchieri di vodka in 4 ore.
Qualche migliaio di chilomteri più in la, il matrimonio dei miei genitori andava a bagno per svariati motivi, tra cui l’alcool, la gelosia, questioni irrisolte con suoceri e suocere e chi più ne ha più ne metta.
Per quel che mi riguarda la mia vita non sarebbe più stata la stessa.
Era il giorno del trentottesimo compleanno di mio padre e per via di un arrosto fresco di macelleria che buttò nella spazzatura in preda all’ennesimo attacco di gelosia nei confronti di mia madre, cominciò il litigio che pose fine ad un matrimonio difficile fin dagli inizi.

Quando guardo le foto di mio padre in quegli anni vedo un pochino me stesso.
Si chiama Giorgio, ed è un buon uomo cresciuto nella famiglia sbagliata e, anche se i suoi parenti sono riusciti in qualche modo a guastargli l’esistenza, lui ha sempre cercato, quando ne era in grado, di migliorarsi e di affrancarsi da quei pesi che l’hanno sempre tirato verso il fondo.
Mio padre, anche se ancora oggi non fa mistero del suo odio per Mick Jagger, è sempre stato un tipo molto rock n’ roll.
Se devo abbozzare uno schizzo di lui, non posso non ritrarlo con i suoi stivaletti e il giubbotto di pelle, i jeans a zampa, la camicia sbiadita e i suoi riccioli neri fino alle spalle.
Da quel che ne so mi sono perso i tempi migliori, quando girava per Genova a bordo di una Porsche Carrera argentata accompagnato sempre da belle ragazze e in compagnia delle persone più assurde che potevi incontrare nella Genova degli ultimi anni ’60.
Mio padre è un meccanico, ma non di quel tipo che oggigiorno attacca la centralina della tua utilitaria giapponese ad un personal computer per regolargli il minimo, no, lui era uno specialista nel preparare i motori di macchine nate per ingrassare i paesi dell’OPEC.
Tutti i giorni la sua officina pullulava di figli di papà smaniosi di farsi truccare la loro Porsche, di spacciatori che vendevano ai figli di papà l’eroina da consumare nella loro Porsche, di aspiranti musicisti che speravano di scroccare un po’ di roba ai pusher e così via.
Insomma, era un ambiente piuttosto curioso, e la cosa più assurda era che mio padre si muoveva in mezzo a quel gruppo eterogeneo senza farsi minimamente toccare ne dalle tentazioni ne dalle manie di grandezza.
Lui è sempre rimasto li, pronto a raccontare una storia divertente o un aneddoto curioso su quel cliente che si faceva scorazzare in Maserati da Genova a Napoli o del suo amico che si era spezzato entrambe le gambe cadendo dalle mura di cinta di un carcere in Grecia, dove era rinchiuso per traffico, e riaccompagnato a braccia in cella, in preda a dolori lancinanti, dai zelanti secondini.

In fondo ho preso molto da lui.

Quando i miei si separarono, anche se la sua officina si trovava di fronte al palazzo dove andai a vivere con i miei nonni, non vidi più mio padre per molti mesi, o meglio, lo vedevo sempre, ma ero troppo spaventato per andare da lui.

Quando arrivò la primavera dell’81 io e mio fratello iniziammo a passare qualche weekend con lui e fu durante quelle giornate che ebbi il primo assaggio cosciente di qualcosa che poteva avvicinarsi al rock e al tempo stesso che iniziai ad odiare con tutto me stesso i Pink Floyd.

Gli amici di mio padre, un gruppo di sconvoltoni di Vernazzola, altro borgo marinaro oggi molto “in” ma all’epoca fulcro di una scena assolutamente dedita alla vendita ed al consumo di qualunque sostanza stupefacente, decisero che dovevano fare qualcosa per tirarlo su dalla mazzata del divorzio e, pertanto, lo caricarono su di un furgoncino Volkswagen con destinazione Dortmund, per assistere ad una data del tour di The Wall dei Pink Floyd.
Dovete capire che, seppure la sorella di mio padre si fosse sparata tutta la Swingin’ London, uscendo addirittura con Keith Emerson ai tempi dei Nice, e tutt’oggi ne porta addosso le conseguenze, il mio genitore non era mai stato ad un concerto in vita sua, e scegliere come battesimo del fuoco i Pink Floyd non è stata proprio una furbata da parte dei suoi amici, soprattutto considerata la tortura piscologica alla quale siamo stati poi costretti io e mio fratello nei mesi successivi.

Io e mio fratello eravamo ancora piuttosto scossi per come era andato il divorzio e ci mancava soltanto passare il weekend con un padre che era diventato una sorta di versione moderna del Vecchio Marinaio di Samuel Taylor Coleridge, costretto da forze misteriose a raccontare a chiunque come fosse andato il concerto dei Pink Floyd.

Ogni volta che salivamo in macchina istantaneamente partiva In The Flesh a tutto volume e iniziava la telecronaca in differita dell’esibizione dei Pink Floyd “vedete, qui veniva fuori un letto gigante e qui volava un maiale gonfiabile su tutto il pubblico”.

Andò avanti così per mesi. Alla fine sapevo anche di che colore erano le mutande di Roger Waters quella sera.

L’unica cosa positiva di questo improvviso innamoramento per il rock da parte di mio padre fu che anni dopo chiese alla sua convivente, poi sua moglie e poi ancora sua ex moglie, di regalargli una chitarra per imparare a suonarla, cosa che non fece mai, e quella chitarra rimase nel suo astuccio per anni fino al giorno in cui per la prima volta andai a trovare mio padre nella sua nuova casa nel 1988.

Dovete sapere che qualche anno prima mi ero fissato nel voler imparare a suonare il pianoforte, megalomane come al solito, senza ottenere grandi risultati, e mio padre continuava a darmi del borghese per questa scelta, anche se avevo solo 11 anni, e insisteva perché io imparassi a suonare la chitarra, strumento più pratico e più semplice da suonare, ma niente da fare.

Mi diceva anche che si beccava della figa suonando, cose che per me all'epoca era pura fantascienza e che tuttoggi devo ancora sperimentare.

Come dicevo prima, in quella fatidica sera dell’88 mi recai a casa sua con mio fratello e, notata la chitarra oramai più vicina ad una mummia che ad uno strumento, chiesi se potevo suonarla un pò.

Le mie nozioni chitarristiche si limitavano a suonare il riff di Smoke On The Water, imparato durante i miei anni di frequentazione dell’azione cattolica, e poco altro, ma dopo mezz’ora ero già diventato completamente dipendente dallo strumento.

Quella sera tornai a casa con la chitarra di mio padre, con grande incazzatura da parte della sua compagna.

In cuor mio pensai “cazzi loro”, io avevo la chitarra ed era l’unica cosa che mi importava.

Nei mesi successivi mi dedicai anima e corpo ad imparare a suonarla, stranamente avevo scoperto le accordature aperte ancora prima della standard e le sperimentavo ogni domenica dopo la messa a casa del mio amico Bruno.

Suo padre era un grande appassionato di bluegrass e dixieland, e io e lui passavamo ore mandando in saturazione i suoi preziosissimi Fender Super Reverb degli anni '60 facendo un casino della madonna per la gioia dei vicini di casa.

Tutto filava liscio in casa mia, in fondo una chitarrina classica non ha mai fatto del male a nessuno, ma a settembre io e mio fratello decidemmo che era venuto il momento di comprare una chitarra elettrica.

C’era però un piccolo problema, tutte le chitarre costavano un occhio della testa, ma un giorno scoprimmo che una marca di chitarre coreane, la Vester, vendeva repliche di chitarre migliori, come la Fender Stratocaster, a 175.000 lire, neanche la metà del nostro budget per i regali natalizi, e così ci mettemmo ad implorare i nostri genitori affinché ce la comprassero assieme ad un piccolo amplificatore.

Le scene patetiche che io e Sandro recitammo per tre mesi dovettero esasperare i nostri genitori e così arrivò quello che nel loro diario, e dei nostri vicini, potrebbe essere definito il ‘Natale Nero’.

La chitarra che avevamo scelto era un’imitazione della classica Kramer di Eddie Van Halen, rossa a strisce bianche, la chitarra più tamarra del mondo, ma ai nostri occhi sembrava una vera opera d’arte.

La mattina del 25 dicembre 1988 il distorsore fece l’ingresso in casa nostra e, se io e Sandro potevamo ancora aspirare ad un qualunque tipo di carriera scolastica, quello fu il giorno in cui tutto passò definitivamente in secondo piano.

"Rock n’ roll is here to stay" diceva qualcuno e, anche nel nostro caso, non se ne è più andato.