Valvola di sfogo per un periodo di ricostruzione. A volte sono una chiavica, a volte mi pregio di scrivere cose interessanti. Accomodatevi e se ne avete voglia commentate e giudicate. Se volete scendere nel personale scrivetemi pure: andrea_carraro@yahoo.it

mercoledì 11 aprile 2007

Nonna

Questa sera vorrei scrivere ma non delle solite cose che ora come ora mi verbbero naturali, quindi vi partecipo l'introduzione di una cosa a cui lavoro da un pò di tempo.

E' una specie di diario rock n' roll, sulle cose che mi sono capitate bazzicando con la musica.

E' dedicato a mia nonna Alba, la persona più importante fino ad ora nella mia vita.

Leggetevelo e spero vi diverta.

Notte,

Andrea

I Believe in Rock n' Roll

Se dovessi pensare a tutte le coincidenze che mi hanno portato ad avere a che fare in qualche modo con il sacro fuoco del rock n’ roll farei prima a leggermi tutte le centurie di Nostradamus, ma qualcuna ha effettivamente senso.

La prima che mi viene in mente è il fatto che durante tutti e sei gli anni di permanenza presso il liceo scientifico statale Martin Luther King Jr. di Genova sono sempre stato una schiappa di matematica.

Dal 1986 al 1992 ho preso soltanto due volte la sufficienza durante un compito in classe, e una delle due è stato in quarta quando ripetevo l’anno.

Mia madre cercò in tutti i modi di capire come fosse possibile che io, il ragazzino considerato fino alla terza media una specie di genio in miniatura, improvvisamente sia diventato uno zero totale in matematica, materia che avevo sempre affrontato ad occhi chiusi.

Beh, se da una parte la colpa era da addossare alla mia collezione di dischi degli Iron Maiden che cresceva in maniera inversamente proporzionale ai miei profitti scolastici, dall’altra c’era la chitarra.

Appena tornavo a casa da scuola mollavo i libri, mettevo su Appetite for Destruction dei Guns N’ Roses e fino alle 7 di sera la mia camera da letto si trasformava nel Roxy di Los Angeles con mio fratello come unico spettatore costretto a sorbirsi le mie esibizioni con tanto di salti giù dal letto, piroette per terra a la C.C. De Ville e windmill alla Pete Townshend.

Su questi argomenti tornerò più tardi, ma una responsabilità oggettiva va imputata alla persona alla quale dedico questo mio scritto.

Quella persona era mia nonna.

Nel 1988 andavo come tutti i pomeriggi due volte alla settimana a ripetizioni di matematica in un centro specializzato nell’ aiutare gli studenti delle scuole superiori a porre rimedio alle proprie lacune scolastiche e ogni volta, prima di andare a lezione, mi passavo tutte le edicole del centro alla ricerca di riviste di musica americane che costavano sempre un occhio della testa e attraverso le quali cercavo di scoprire come fosse il mondo della musica al di fuori di una città come Genova che non aveva assolutamente niente da dire a riguardo.

Fu in un pomeriggio di quelli che mi cascò l’occhio su un articolo che parlava di un libro che sarebbe diventato la mia bibbia personale, “Backstage Pass: a non-perfomer’s guide to rock n’ roll touring careers”.
L’articolo era scritto da Elliot Hoffman, l’avvocato dei Ramones, e destino vuole che ci fosse scritto come ordinarlo per posta.
Il libro era una sorta di Bignami dell’aspirante road rat, c’era il tecnico degli effetti pirotecnici degli Iron Maiden che spiegava come ottenere una fiammata alta sei metri e il road manager dei Rolling Stones che spiegava come trovare sempre una camera d’albergo per i suoi clienti:

RECEPTIONIST: “mi spiace signore ma questa sera siamo al completo”
ROAD MANAGER: “mmm, senta, se venisse il presidente degli Stati Uniti questa sera gli trovereste una stanza?”
RECEPTIONST: “ovviamente si”
ROAD MANAGER: “bene, per questa sera allora prendiamo la sua ”

Questa frase non mi è mai servita durante i tour che organizzai negli anni seguenti, ho sempre prenotato gli alberghi in anticipo, e non ho mai dovuto trovare una stanza per il cantante dei Pleasure Fuckers che voleva passare una notte con la moglie del nostro primo ministro, ma quando ho lavorato come addetto alle prenotazioni alberghiere di un tour operator mi ha risolto non pochi casini.

Ad ogni modo, all’epoca sognavo si di diventare una rockstar, ma ero ancora un ragazzino di 16 anni sovrappeso e di farsi crescere i capelli non se ne parlava, quindi l’idea di diventare un roadie o un tour manager mi sembrava ampiamente più alla mia portata.

Tornato a casa lessi e rilessi l’articolo almeno 20 volte e mi convinsi che quel libro poteva essere la chiave di volta della mia carriera di dominatore del music business, ma come potevo ordinarlo?

All’epoca non esisteva internet e Amazon.com era pura fantascienza, mi ci volevano 16 dollari, che ovviamente non avevo e così, con la mia solita faccia da culo, mi rivolsi alla persona che non sapeva dirmi di no, mia nonna Alba.

Sono cresciuto con mia nonna.

Avevo un anno quando Sandro, mio fratello e futuro compagno di malefatte musicali, è venuto al mondo.
Mia madre aveva solo 21 anni e così fui piazzato a casa dei miei nonni mentre il fratellino costringeva la povera mamma al secondo tour de force fatto di pannolini sporchi e poppate in meno di 15 mesi.

La vita coi nonni non era affatto male, mia nonna aveva un negozio di giocattoli strategicamente piazzato accanto alla migliore pasticceria del quartiere e, quando non ero in negozio a rubare soldatini o a litigare coi bambini che si compravano la mia macchinina preferita del giorno, ero nella pasticceria a trangugiare cannoli alla crema.

Una volta per sbaglio mi mangiai una confezione intera di pillole anticoncezionali di mia madre scambiandole per Zigulì e, dopo la lavanda gastrica d’obbligo, mia nonna mi consolò facendomi mangiare tutti i cannoli che volevo.
Ne mangiai un chilo e mezzo per la gioia di Rocco il pasticciere e la disperazione del portafoglio di mia nonna.

Come dicevo, coi miei nonni mi trovavo da dio, mio nonno Alberto era tornato in Italia dopo quasi 30 anni passati nel Congo Belga e passavo le giornate a sentire le sue storie sui safari, sulla foresta e sul suo chimpanzé Jerome.

Ad un certo punto imparai pure un po’ di swaili, in casa dei nonni era la terza lingua dopo il francese e l’italiano, anche se ora so solo una frase “mi na quenda na n’yumba na baba” che vuol dire “vado a casa di mio nonno”, se non ricordo male.

Ero esposto costantemente ad informazioni, storie su luoghi lontani, e questi due nonni non perdevano occasione nel dare spazio al mio estro, che si sarebbe poi trasformato in una logorrea e una pignoleria cronica che ancora oggi affligge chi ha la sventura di affrontare una conversazione in mia compagnia.

Quando mia nonna mi raccontava la favola di Pollicino, per farmi addormentare prima o perché si era rotta le scatole di raccontarmela per l’ennesima volta, la accorciava di brutto e io, puntualmente, la riprendevo dicendole che si era dimenticata dei sassolini bianchi o del patrigno cattivo.

Nonostante tutte queste premesse, che forse hanno fatto pensare più di una volta ai miei nonni di lasciarmi affogare in mare a Boccadasse, il piccolo borgo di mare dove vivevo, quando mi buttavo completamente vestito in acqua per nuotare, mi hanno cresciuto riempiendomi di amore e di attenzioni e mai e poi mai mi hanno detto di no.

Mio nonno purtroppo morì nel 1984 per una banale forma di orecchioni e visto che mia mamma, dopo essersi separata da mio padre 3 anni prima, lo stesso giorno della morte di John Bonham dei Led Zeppelin, era diventata una donna in carriera sempre via da casa, io e mio fratello ci trovammo da soli ogni giorno fino al 1992 con nostra nonna.

In quegli anni lei ci fece da mamma e purtroppo le toccò assitere in maniera impotente al nostro lento sprofondare nelle grinfie del rock.

Qualche tentavivo di stampo controriformista da parte sua ci fu, ma come dicevano gli AC/DC "You can’t stop rock n’ roll".

Un pomeriggio di febbraio del ’88 mi feci coraggio e per ottenere questi famosi 16 dollari presi la questione da lontano.
Iniziai a dirle che volevo diventare un tour manager, le spiegai l’importanza di quel tipo di lavoro nell’ambito di una tournée, ovviamente non le dissi che oltre ad incassare il cachet del gruppo tra le sue mansioni rientrava pure procacciare groupies e droga per la band, e così via.

Dopo mezz’ora mia nonna se l’era intagliata che volevo chiederle qualcosa e così mi disse “Dudi”, questo era il soprannome con cui mi chiamavano in casa, “cosa vuoi?” e io le risposi “sai, c’è questo libro che vorrei tanto, costa solo 16 dollari, non è che me li puoi prestare, poi te li rendo”. Si come no.

So che questa mia affermazione potrebbe pregiudicare qualunque mia futura richiesta di credito a terzi, ma non penso di aver mai reso un centesimo a mia nonna di tutti i soldi che mi ha prestato a seguito di mie promesse di restituzione.
Allo stesso tempo penso che lei sapesse che erano a fondo perso e poi, come ho detto prima, non mi avrebbe mai detto no.

Non pensiate che mia nonna fosse tonta, anzi, se c’era una persona in grado intagliarsela subito se qualcuno le stava raccontando una palla era proprio lei, ma con me ha sempre chiuso un occhio, se non tutti e due.

Il giorno dopo mia nonna andò in banca e tornò a casa con i dollari.
In men che non si dica mi precipitai all’ufficio postale e affidai ad una busta il mio destino.

Passarono due mesi prima che nella cassetta delle lettere si materializzasse un pacchetto che conteneva il mio manuale delle giovani marmotte in borchie e pelle nera.

Non appena aprii il pacchetto vidi che c’era un bigliettino per me e diceva ”Andrea, sei l’unica persona in Europa ad aver ordinato il nostro libro. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi, Eric”.
L’Eric in questione era Eric Todd, uno dei più importanti realizzatori di produzioni live negli Stati Uniti e ovviamente non mi tirai indietro nell’approfittare di un’occasione del genere.

Mi feci prestare da mia madre una macchina da scrivere che aveva in ufficio ed iniziai a scrivere ogni due settimane ad Eric e in quei mesi, oltre a cavargli l’indirizzo di Jane Rose, manager di Keith Richards dei Rolling Stones, gli posi, per via epistolare, qualunque domanda il libro non mi avesse chiarito.

Ero ad un passo dall’ottenere un posto in una tournée da lui organizzata quando su di me si abbatté la mannaia scolastica con tripla rimandatura a settembre e conseguente bocciatura.

Le mie aspirazioni da road manager, o meglio, da roadie, erano state stroncate sul nascere dalla ovvia incazzatura di mia madre, ma ci voleva ben altro per fermarmi.

L’appuntamento col rock n’ roll vissuto sulla pelle era solo rimandato.

Grazie nonna.

3 commenti:

Giuseppe ha detto...

Andre,veramente ti è successo tutto questo? Mi sa che devo passare almeno una settimana accanto a te, non mi annoierei mai ad ascoltarti! Spero che tu lo pubblichi presto questo libro, una volta in mio possesso lo imparerò a memoria eheh.

'Notte

Anonimo ha detto...

Anche io ho avuto una nonna che mi ha iniziata al Rock'n'Roll!
Ho un ricordo vivissimo di me, bambinetta di 6 anni folgorata da un suo racconto sui punk, su chi erano, su cosa facevano, su come la pensavano, le borchie, le catene, le spille da balia e quant'altro...
L'estate di 6 anni dopo ero da Ricordi a chiedere di Never Mind The Bollocks senza sapere ancora esattamente chi erano stati i Sex Pistols!

Racconto stupendo, come sempre.

Anonimo ha detto...

Vai andre, great story!

Brian B. Best